Un’usanza che si va riscoprendo è il “funerale” di “zi Rocche”. L’ultimo giorno di Carnevale, il martedì grasso, si svolgeva il “funerale de Rocche”, che percorreva le strade della città vecchia. Rocco era un fantoccio collocato su un traino o portato a spalla e tutti i portatori avevano tra le mani una carota (la “bastenèche”). Al fantoccio veniva apposta una enorme carota, in segno di virilità, perché nell’ultimo giorno di Carnevale si dava la stura all’allegria e si accendevano gli animi, prima di prepararsi alla Quaresima.
Il funerale era così composto: avanti “U stannarene”, che di solito era “la cannedole che stupeue” (la canna di bambù con il piumino); “U menzignore che le chirichette” (che portavano l’incenso); i maschi vestiti da donne e le donne vestite da maschi; i ragazzi portavano “u chescine” dei fiori collocato nel vaso da notte (“u prise”) e poi venivano una coppia di sposi, lo sposo (vestito “da zita”) e la “zita” (vestita da sposo).
La “zita” portava un “buche” di carote piccole (“le bastenache”), poi seguiva il feretro. Sul carro erano messe, per addobbo floreale, tutti i tipi di verdura: rape, “cime di cola, fenucchie, cenere, le iette e cole”, l’insalata e le carote. Dietro “Rocche” veniva il popolo che piangeva e gridava per la sua perdita.
Dopo aver attraversato vicoli e corti, al termine
del funerale, si dava l’estremo saluto a “Rocche”, che veniva poi bruciato e distrutto completamente. Quest’ultimo atto rappresentava la cancellazione della trasgressione e del peccato, per prepararsi alla Quaresima con il primo digiuno del “giorno delle ceneri”.
Dopo la cerimonia funebre, le maschere invadevano la città nuova portandovi un messaggio
di allegria.