Pellegrini russi a Bari: dal XVII al XX secolo
I primi registri di pellegrini cominciarono ad essere redatti soltanto intorno alla metà del XVII secolo, presso la Basilica di San Nicola.
Non ci sono giunte notizie di pellegrinaggi dalla Russia a Bari anteriori a tale data, e non si può nemmeno affermare con assoluta certezza che il viaggio del monaco Barlaam, di cui si è parlato nel precedente articolo, sia effettivamente avvenuto.
I pellegrinaggi russi iniziano ad essere documentati in maniera ufficiale a partire dal 1683, con l’arrivo di un gruppo di fedeli da Mosca; quindici anni dopo, ecco che già arrivavano personaggi illustri come Boris Šeremetev e Pëtr Tolstoj.
Šeremetev era un generale dell’esercito russo che si era distinto nella campagna mili-tare contro i Tartari (o Tatari) nel 1695, mentre il Tolstoj, antenato del grande scrittore Lev, era consigliere politico dello zar Pietro il Grande.
Nel 1717 invece fu il figlio di Pietro il Grande, il giovane Aleksej, a recarsi a Bari: il viaggio poteva essere considerato tanto un pellegrinaggio quanto una fuga da un padre poco “paterno”, visti i difficili rapporti con lo zar.
Nel 1724 giunse in città Vasilij Grigorovič Barskij, il pellegrino russo che contribuì più di tutti a far conoscere il santuario di San Nicola in patria.
La parola “barskij” ha un significato in russo, e corrisponde al termine “barese”; tut-tavia la città a cui si riferisce il cognome del viaggiatore russo non è la nostra Bari, bensì Bar, fondata in Ucraina dalla regina Bona Sforza, onorando la città pugliese da lei tanto amata.
Il Barskij intraprese il viaggio verso Bari con un altro sacerdote russo, Stefan Protanskij. Durante la visita alla cripta di San Nicola, i due supplicarono diverse volte gli ecclesiastici nicolaiani di poter pregare con il sepolcro aperto, consuetudine consolidata presso le chiese ortodosse; in una chiesa occidentale come quella di San Nicola, invece, la loro richiesta risultava insolita e poteva suscitare polemiche.
Infine fu concesso loro un permesso speciale, sebbene dovettero fare tutto in gran segreto: oggi, tale rituale è ormai all’ordine del giorno per i pellegrini russi.
Dopo il Barskij, i pellegrinaggi dalla Russia a Bari andarono moltiplicandosi nel tempo; alcuni venivano appositamente per San Nicola, altri si trovavano di passaggio.
Nel 1861 giunse a Bari un fedele addirittura da Irkutsk, una cittadina della Siberia; dopo di lui fu la volta di diversi nomi illustri, dal mondo della Chiesa a quello della ricerca umanistica, tra cui il filologo e paleografo Il’ja Šljapkin.
La visita dello Šljapkin, nel 1908, fu particolarmente interessante perché questi entrò in contatto con il canonico barese Francesco Nitti di Vito, presentando finalmente ai baresi lo Slovo o perenesenij moščej Svjatitelja Nikolaja v Bargrad, o meglio la famosa quanto antica Leggenda di Kiev.
Nel 1892 era giunto in città il carevič (= figlio dello zar) Nicola Romanov, il futuro zar Nicola II: a dirla tutta fu anche l’ultimo, prima della Rivoluzione Russa.
Il Romanov intendeva fare una visita di “basso profilo”: al suo arrivo i baresi erano completamente ignari di quanto stava accadendo, anche se l’accoglienza fu calorosa, una volta diffusasi la notizia.
Ecco l’articolo del Corriere delle Puglie (11 novembre 1892) che riportò l’evento:
“La venuta dello Czarewitch. Ieri mattina alle 6.30 antimeridiane giungeva nel nostro porto lo Czarewitch di Russia su un elegante yacht imperiale «Eriklik», tinto in bianco, preceduto da una cannoniera. (…) Alle ore 2 scese da bordo e fu ricevuto allo sbarco dal cav. Pizzorni, regio delegato per le Reali Basiliche Palatine, dal vice Console russo e dal cav. Sierra vice console russo a Brindisi.
Nel suo seguito era il principe aiutante Kotcoubey e l’ammiraglio Bratanoff, col primo dei quali, e col cav. Pizzorni e col comm. D’Aloja salì nella prima vettura.
Nel primo Cortile della Reale Basilica lo attendeva una gran folla di gente, che lo salutò con prolungati applausi.
All’ingresso fu accolto in pompa magna da tutto il Clero Palatino, alla cui testa era Monsignor Nitto de Rossi.
Il Principe visitò anzitutto la cripta, che era sfarzosamente illuminata.
Si intonò il Te Deum e quindi si recitarono le speciali orazioni di S. Nicola, dopo di che lo Czarewitch visitò la tomba di S. Nicola col suo seguito. (…)”
Massimo Castellana