La Puglia e il Medioevo Fantastico

La Puglia è una regione che ebbe un’importanza cruciale nel periodo medievale, ancora oggi sul suo territorio si possono ammirare le cattedrali romaniche, i castelli, le torri di difesa e le chiese rurali. Terra di transito proiettata verso l’Oriente, fu il porto d’imbarco di pellegrini e cavalieri verso la Terra Santa; al governo della regione (o di parte di essa) nei secoli si sono succeduti arabi, longobardi, bizantini, normanni, svevi, angioini e aragonesi. Forse il periodo di maggior importanza si ebbe durante il dominio bizantino, quando Bari era la sede del Governatore dei territori dell’imperatore di Costantinopoli in Italia. Con l’avvento dei normanni il baricentro politico si spostò verso la Sicilia (Palermo) e con gli Angoini a Napoli. Bari perse il ruolo di capitale politica, ma divenne capitale religiosa con la traslazione delle reliquie di San Nicola. E che dire della Puglia sotto Federico II che la dotò di un impotente sistema castellare? Il Medioevo è un’epoca storica che affascina molti, ma spesso non si tratta del Medioevo degli studiosi, ma di un Medioevo che possiamo definire fantastico o neo-templare. È un’immagine veicolata al pubblico attraverso la letteratura, il cinema, il fumetto e un certo filone esoterico-massonico. Il Medioevo è stato visto negativamente a partire dagli esponenti dell’Umanesismo sino ad arrivare all’Illuminismo. Epoca buia (ma ciò possiamo limitarlo ai primi secolo dell’Alto Medioevo), di barbarie e rozzezza, della “prigionia dello spirito”, intesa come fanatismo religioso che relegava l’uso della ragione e dell’arbitrio, di carestie e pestilenze. Molti di questi sono stereotipi, ad esempio, solo il XIV secolo fu caratterizzato da epidemie e crisi e nel corso del Medioevo si ebbero diverse invenzioni. Il quadro cambia con il Romanticismo che riabilitò il Medioevo, senza superarne i luoghi comuni, ma anzi facendone dell’immagine stereotipata uno strumento per riscoprire il lato passionale, irrazionale ed oscuro dell’uomo e della sua storia. Diventa l’età della fede, dello spirito e dei sentimenti, le vicende di dame e cavalieri diventano soggetto per romanzi storici. Non possiamo non citare Ivanhoe dello scozzese Walter Scott che ha contribuito a diffondere una certa immagine, non veritiera, del cavaliere e della cavalleria, possiamo ben dire che da lì in poi si è avuta una mitizzazione del cavaliere, quando un quadro più storico e reale della figura del cavaliere viene sicuramente fuori dalla lettura del saggio di Georges Duby, Guglielmo il Maresciallo – L’avventura del cavaliere. Il Medioevo, spesso molto lontano da quello storico, negli ultimi decenni, ha sempre più avuto spazio nella letteratura creando un vero e proprio filone fantasy, cito solo le opere di Tolkien, nel cinema con numerosi film, ma anche nelle rievocazioni e nelle sagre d’ispirazione medievale. Oggi possiamo parlare di medievismo come suggestione legata al Medioevo che porta a creare nuove opere derivate o ambientate in esso. Fino a quando il Medioevo fantastico rimane relegato nel campo dell’arte può anche risultare interessante ed affascinante. I problemi iniziando quando si tenta di fare passare il Medioevo fantastico per Storia, soprattutto tra un pubblico poco esperto dell’argomento e in ciò ha contribuito notevolmente Internet ove abbandonano quelle che possiamo definire aberrazioni storiche. Spesso dietro questi mostra vi sono presunti esoteristi, quasi sempre collegati ai Templari (perché gli emblemi del Medioevo fantastico sono appunto i Templari, il Graal, la Sindone e re Artù) che pretendono di spiegare misteri e segreti legati a castelli o a cattedrali. Molte di queste aberrazioni medievali riguardano la Puglia e mi appresto a ricordarle di seguito.

Un caso eclatante è quello legato alla traslazione delle reliquie di San Nicola. Nelle scorse settimane mi è capitato di ascoltare su una TV locale pugliese un’intervista ad una giovane scrittrice barese, tale Antonella Lattanzi, autrice di un libro intitolato Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità della Puglia. Sentendo parlare di vicende medievali mi sono soffermato. L’autrice ha ricordato la vicenda della traslazione delle ossa del Santo di Myra sostenendo che i 62 marinai che fecero l’impresa in realtà non erano tali, ma si trattava, udite udite, di Templari che si erano recati in Asia Minore a prendere il Graal. È una bufala colossale, ma fatta passare per storia, alla quale si può sorride o … imbufalirsi. Ma dove ha studiato questa rampante scrittrice? Non sa che esistono delle fonti storiche scritte sulla traslazione, che conosciamo i nomi dei marinai? E come è possibile che si poteva trattare di Templari nel 1087 quando l’Ordine cavalleresco fu fondato tra il 1118 e il 1120? Così come, secondo la Lattanzi, bastano alcune croci patenti per dire che la Basilica di San Nicola è da mettere in relazione coi Templari, con misteri e segreti, criptogrammi che riportano alla spada di Galgano, ai cavalieri della Tavola rotonda e al Graal che sarebbe custodito nella Basilica nicolaiana. Questa vicenda è stata trattata anche in TV in una trasmissione che viaggia ai confini della realtà e dietro tutto questo c’è del pattume pseudo-esoterico di certi personaggi. In chiave puramente fantastica e letteraria queste “teorie” sono state alla base di un’intrigante storia scritta da Castelli per il fumetto di Martin Mystère qualche anno fa.

Come non ricordare un altro luogo pieno di misteri e segreti naturalmente collegato ai Templari, che l’avrebbero costruito? Sto parlando di Castel del Monte che con i Templari non ha assolutamente a che spartire. Anche qui vi è tutto un filone pseudo-esoterico con ampio seguito farcito di criptogrammi, Graal, geometria, numerologia, astronomia e naturalmente Templari. Anche in questa circostanza la Lattanzi ha affermato di avere le prove che Federico II era un templare e che a Castel del Monte lo Svevo incontrava segretamente i cavalieri rossocrociati. Anche qui bufale, non mi soffermo sui tanti aspetti citati in precedenza e riamando a pubblicazioni serie su Castel del Monte curate dai medievisti Musca e Licinio dalla cui lettura emergerà che Castel del monte è un castello e basta e non vi sono segreti o misteri. Essendomi occupato della presenza templare in Puglia, voglio soffermarmi sui rapporti tra Federico II e quest’Ordine. Ma come si può affermare che egli era templare? In base a quali prove? Dalle fonti storiche sappiamo che Federico, da tedesco, aveva simpatie per l’Ordine Teutonico e suo fido consigliere era Hermann von Salza, gran maestro di quell’Ordine. Sappiamo che Federico II accusò i Templari di attentare alla sua vita in Terra Santa e nella lotta tra Papato e Impero l’Ordine templare si schierò dalla parte del Papa e per questo motivo l’imperatore spogliò l’Ordine dei suoi beni nel Mezzogiorno italiano dopo la scomunica del 1239.

Altro luogo della Puglia tirato in ballo per i Templari e posto pieno di mistero e magia è il santuario mariano di Sovereto nei pressi Terlizzi. Accanto alla chiesa vi era un ospedale crociato per la sosta dei pellegrini che, percorrendo la via Appia-Traiana, si dirigevano a Brindisi per imbarcarsi verso la Terra Santa. A Sovereto viene venerata la Vergine con il Bambino, culto introdotto a seguito del ritrovamento di un’icona poco dopo il Mille. Storicamente è provato che a Sovereto dai primi del Trecento vi furono i Giovanniti, ma molti sostengono la presenza precedente dei Templari. Tuttavia tale presenza appare abbastanza improbabile come provato dallo storico G. Valente. Da un documento del 1203 si apprende che già da quella data operava nella chiesa di Sovereto, con l’annesso ospedale, un ordine religioso maschile non meglio precisato. È da escludere una presenza dell’Ordine teutonico, istituito nel 1198, ed è difficile che in soli cinque anni i Teutonici avessero già delle proprie case in Puglia. Secondo il Valente sono da escludere anche i Templari, Ordine religioso all’inizio eminentemente militare che solo successivamente si dedicò all’assistenza ospedaliera. Per esclusione lo studioso afferma che la comunità maschile presente a Sovereto, almeno dal 1199, che gestiva l’hospitale era quella Giovannita, che alla metà del XII secolo era l’ordine più noto e diffuso. A testimonianza di ciò vi sarebbero altri documenti citati dal Valente nel suo studio e delle lastre tombali di cavalieri e precettori Giovanniti dei secoli XIII e XIV. La presenza di croci patenti sulle tombe e sull’acquasantiera suggerisce, invece, agli esoteristi e ai cultori dell’archeologia misteriosa l’inevitabile presenza Templari: costoro sarebbero stati i custodi a Sovereto dell’omphalos, su un lastrone oggi usato come panca sarebbe visibile il simbolo della Triplice Cinta. Un luogo sacro, dove mondi diversi si uniscono, un centro geomantico pieno di energie telluriche ove solo i Templari, detentori di arcani, potevano dimorare. Insomma siamo ai confini della realtà, anni luce distanti dall’evidenza storica. A confermare la presenza templare a Sovereto ci si mette pure qualche improvvisato storico dell’arte che sostiene che le porzioni di affresco ancora visibili nella chiesa corrispondono ad un analogo ciclo pittorico risalente alla prima metà del Duecento, presente a Montsaunès in Francia in una domus templare. Gli affreschi si riferirebbero ad un ciclo cosmologico e ad una serie di allineamenti che possiamo ritrovare in altre sedi templari accertate che corrispondono alla concezione della natura posseduta dai cavalieri, probabilmente appresa attraverso i contatti con la cultura islamica. Ci risiamo … Tuttavia lo storico dell’arte improvvisato dimostra la sua scarsa competenza quando afferma che l’icona della Madonna di Sovereto fu portata da Edessa nel 1187 dal crociato Gereto Alesbojsne, mentre questi portò dall’Oriente l’icona della Madonna di Corsignano, ancora oggi venerata a Giovinazzo, e sostiene la presenza di una domus templare a Terlizzi, circostanza non vera dato che non si tratta di Templari, ma di canonici del Tempio del Signore (Templum Domini).

L’ultima bufala antistorica della quale mi occupo è quella relativa al mosaico della cattedrale di Otranto. Una fantasiosa teoria vuol vedere nel mosaico una riproduzione della ricerca del calice leggendario ad opera dei Templari. Tale tesi è stata avanzata da un docente dell’Università di Roma la Sapienza (Francesco Corona) e ha visto lo scontro tra il noto medievista F. Cardini e il priore di un Ordine neo-templare (ma lo sanno questi che è ancora valida la scomunica ipso facto, prevista nella bolla papale con la quale si sospendeva l’Ordine del Tempio, per chi lo ricostituiva? Invece gli ordini neo-templari impazzano). A quanto risulta dalla banca dati sui docenti in Italia consultabile on line, non vi sarebbe alcun docente di nome Francesco Corona all’Ateneo romano. Cercando su Internet si scopre che la persona in questione, un informatico, appassionato di Medioevo fantastico e autore di alcuni libri del genere esoterico-misterioso. Quindi nessun esperto di Medioevo, di Templari o di Graal.

La tesi di Corona vorrebbe il mosaico datato al 1200 (che sarebbe un’epoca epoca templare) e sconvolgerebbe quella tutta la storiografia intorno al Graal dato che il mosaico riprodurrebbe la cerca del Graal un secolo prima del libro di Robert de Boron che introdusse nel mondo la storia del Graal. A tali asserzioni risponde Cardini chiedendosi se davvero il 1200 fu un’epoca templare (i pauperes milites Cristi furono riconosciuti nel secondo quarto del XII secolo e sciolti da papa Clemente V nel 1312) e se tale periodo si situi un secolo prima di Robert de Boron, il quale in realtà fu attivo nella prima metà del Duecento, e, inoltre, non fu il primo testimone della leggenda del Graal, del quale trattò un altro poeta, Chrétien de Troyes, fin dagli anni Settanta del XII secolo, mentre la prima grande popolarizzazione della leggenda di re Artù fu il romanzo di Goffredo di Monmouth Historia Regum Britanniae scritto tra il 1133 e il 1138, anche se la prima citazione di Artù risale al VI secolo d.C. in un poema in lingua gallese. Nel mosaico viene ricordato il ciclo di re Artù, in Puglia vi furono i Normanni sin dal XI secolo, ma occorre precisare che il ciclo del Graal ha rapporti con il mito arturiano, ma ne costituisce solo una sezione determinata.

Del mosaico di Otranto, opera affascinante e allegorica, come era l’arte medievale, sappiamo molto, ma non tutto grazie agli studi di C. Frugoni. Eppure manca un’interpretazione generale e coerente di questa mirabile fonte iconica, come afferma Cardini. L’opera fu realizzata tra 1163 ed il 1165 da un monaco dell’Abbazia di S. Nicola di Casole in Otranto: Pantaleone, il cui nome appare nella parte inferiore del mosaico in corrispondenza dell’entrata principale della cattedrale. Rimane l’emergenza legata alla sua conservazione, costantemente minacciata dalle zampe metalliche delle sedie usate durante la celebrazione della Messa.

A conclusione di questo intervento non possiamo che dire basta alle bufale e alle aberrazioni antistoriche sulla Puglia medievale. Basta con la Puglia dei misteri inesistenti. Godiamoci i castelli, le cattedrali, i mosaici, le chiese e le altre vestigia medievali della nostra regione, consultando e studiando un po’ di più i libri di storia medievale e meno quelli del medioevo fantastico e neo-templare.

Vito Ricci

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