Storia della Basilica

L’Edifìcio simbolo della città in uno dei luoghi più suggestivi della città vecchia, la Basilica di San Nicola e uno dei monumenti più rappresentativi del romanico in Italia.
Fu costruita per accogliere le reliquie di San Nicola, tesiate nel 1087 a Bari da Mira nell’antica Licia (regione nell’odierna Turchia).
La Licia in quel tempo era stata occupata dai Turchi. I Baresi pensarono allora di sottrarle e metterle
al sicuro in occidente. Fra leggenda e realtà la spedizione fu organizzata e portata felicemente a termine. Le reliquie giunsero a Bari la sera del 9 maggio del 1087; da quel momento cominciava la storia della Basilica.
Roberto il Guiscardo, duca normanno di Bari, concedeva ai 62 marinai e agli organizzatori del sacro furto, con la mediazione di Elia abate del monastero di San Benedetto, l’area del Pretorio bizantino (Corte del Catapano, già sede dei Governatori bizantini dell’Italia meridionale dal 970 al 1071) con tutte le pertinenze, perché si potesse edificare un nuovo e grande edificio religioso: la Basilica in onore del Santo. L’ abate Elia dovette prima demolire ben cinque chiese reimpiegandone in parte le strutture, colonne, capitelli e materiali diversi. Mentre eseguiva tali lavori, morì l’arcivescovo di Bari Ursone e, con l’assenso del duca Ruggero, il popolo elesse Elia a successore. La sua consacrazione avvenne nell’ottobre del 1089 in occasione della venuta a Bari del papa Urbano II per la reposizione delle reliquie nella cripta appena ultimata con i materiali di riuso provenienti dalle chiese bizantine abbattute.
Vi troviamo perciò colonne e capitelli tardoantichi, bizantini e romanici, insieme ai resti del bellissimo pavimento a mosaico nella parte absidale intorno alla tomba. Alla venuta del papa Urbano II è collegata la leggenda della colonna miracolosa, che sarebbe stata portata e collocata nella cripta da San Nicola ( in un angolo della cripta è oggetto tuttora di particolare devozione da parte soprattutto dei pellegrini).
Nell’ottobre del 1098 nella Basilica si celebrò un Concilio di ben 185 vescovi, presieduto dal papa Urbano n per il quale fu scolpita la bellissima Cattedra episcopale detta “dell’abate Elia”, che si trova dietro il ciborio. Esempio del passaggio dallo stile bizantino a quello romanico (vedi l’espressività dei volti dei personaggi rappresentati), essa è fra i capolavori della scultura romanica non solo pugliese. Nella parete dell’accesso alla cripta, a destra, si trova il sepolcro dell’abate Elia (costituito da un frammento di sarcofago con la fronte scolpita da figure di filosofi, proveniente probabilmente dell’Asia Minore, databile intorno al III-IV sec. d.C.).
Dopo la morte di Elia (1105), il nuovo rettore, l’abate benedettino Eustazio, continuò i lavori, realizzando il ciborio con le colonne angolari dai preziosi capitelli con figure di angeli. A questo
periodo sono da attribuire, per mano di un identico maestro, la costruzione del portale centrale “dei buoi”, ed il portale “dei leoni” sul lato nord (l’archivolto presenta una scena di guerra, forse l’assedio di Antiochia da parte di Boemondo, figlio di Roberto il Guiscardo, nel 1098).
La facciata del tempio rivela già dall’esterno, attraverso le sue articolazioni verticali (lesene che
separano la parte centrale a cuspide dagli spioventi laterali), la divisione dell’intemo in tré navate separate dalle colonne (anticipatrici le due colonne in facciata), quasi fosse una sezione architetturale. Il periodo normanno fu un periodo di crescita per la città e la Basilica fu risparmiata anche da Guglielmo il Malo, che nel 1156 distrusse Bari, constrigendo i Baresi, dopo le loro continue rivolte and-normanne, a vivere per 10 anni fuori dalle mura. Al tempo degli Svevi, la chiesa fu solennemente consacrata nel 1197 alla presenza del rè Enrico VI e del vescovo Corrado di Hildesheim. Dalla fine del XII secolo nelle famiglie nobili cominciò l’uso di costruirsi cappelle funerarie nelle chiese. Nella Basilica costruirono cappelle lungo le pareti laterali gli Sparano, i Chiurlia e la contessa di Minervino. Della antica decorazione pittorica non esistono purtroppo che gli affreschi absidali (a destra) di Giovanni di Tarante, del 1304, e il trittico di Rico da Candia, del 1451, che rappresenta la Vergine fra i SS. Giovanni e Nicola. Con l’avvento degli Angioini (1300) e soprattutto di Carlo II d’Angiò, la Basilica raggiunse il fulcro della potenza e ricchezza. Carlo la dotò di feudi, le donò bellissimi codici liturgici, una Croce in argento ornata dai gigli, simbolo degli Angioini. Nell’abside sinistra è conservata l’elegante pala di altare di Bartolomeo Vivarini, pittore veneziano, datata al 1476. La presenza dell’artista veneziano a Bari non deve stupire, in quanto essa è indice degli interessi e intensi rapporti commerciali che legarono Venezia
alla Puglia sin dal medioevo, in modo particolare con Bari.
Nel 1456, a seguito di un violento terremoto che danneggiò le strutture della Basilica, furono realizzati tré arconi di rinforzo della navata centrale. Essi furono realizzati da Giovanni del Balzo Orsini e da Ludovico il Moro. Con la successione al trono da parte di Isabella Sforza d’Aragona, agli inizi del 1500 e di sua figlia Bona Sforza, Bari visse una bella stagione di floridezza economica e culturale. Furono costruiti nuovi edifici rinascimentali lungo le viuzze del borgo antico, la “Piazza Grande” o Mercantile, fontane, cisterne e rafforzate le mura. L’attaccamento verso la città e San Nicola da parte di Bona indusse la Regina di Polonia, dopo il suo vedovato da Sigismondo Jaghellone I rè di Polonia, a tornare a Bari nel 1556, chiedendo che, dopo la sua morte, le ossa fossero sepolte nella Basilica. Nel 1557 infatti le spoglie di Bona furono deposte nel sobrio monumento funerario rinascimentale dietro il ciborio. Il grandioso soffitto barocco ornato di splendide comici intagliate e tele, eseguito fra il 1661 e il 1666 da Carlo Rosa di Bitonto e allievi, copre tutta la navata centrale e parte del presbiterio, gettando sulle nude bianche pareti riflessi in oro. Non degni di particolare rilievo sono, invece, i mutamenti avvenuti tra il XVII e il XIX secolo.
Nel 1925 ebbero inizio i primi lavori di restauro che, attraverso la demolizione delle antiche cappelle gentilizie, intendevano riportare la chiesa all’originario stile romanico.
I lavori furono proseguiti alla fine degli anni ’50 dall’arch. Schettini che estese i restauri anche all’interno della Corte del Catapano, demolendo più del necessario, secondo ipotesi ricostruttive, rilevatesi poi inattendibili, distruggendo senza motivo gran parte del prezioso interno, compresi altari barocchi, coro e organi lignei del settecento, gli affreschi cinquecenteschi dell’abside maggiore, statue, altari, stucchi e persino il complesso unitario dell’altare d’argento sulla tomba del Santo: una vera catastrofe per la Basilica!

 

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